Nel 2015 la Cooperativa Ecosol decide di adibire parte della superficie non coperta da strutture del vivaio “Terra e Aria Vivaio di Orizzonti”, posto all’interno dell’Istituto Penitenziario “Lorusso e Cutugno” alla coltivazione dello zafferano.
Si dispone di un’area di 2.630 mq da destinare alla nuova coltura.
Il termine zafferano deriva dal latino “safranum” che risale a sua volta all’arabo “Za’ feràn”. Le sue proprietà erano note agli Egizi come conferma il Papiro di Ebers del 1550 a.C., ma anche in ambito cretesemiceneo, tanto che il fiore dello zafferano è raffigurato nelle pareti del Palazzo di Cnosso. Nella Bibbia, precisamente nel Cantico dei Cantici, lo zafferano viene
associato alle piante più aromatiche e pregiate che nascono nel giardino.
Nella mitologia greca la nascita della pianta è attribuita all’amore di Croco per la ninfa Smilace. Gli dei erano contrari al loro amore e trasformarono lui nella pianta dello zafferano e lei in quella sempre verde del tasso. Lo zafferano era inoltre adoperato dal dio greco Ermes, consigliere degli innamorati, per risvegliare il desiderio.
Omero nell’Iliade indica il croco, insieme al loto e al giacinto, tra i fiori del letto di nuvole di Zeus, re dell’Olimpo. Il medico greco Ippocrate loda le sue facoltà farmacologiche raccomandandolo contro i reumatismi, la gotta e il mal di denti.
I Romani utilizzavano lo zafferano come colorante per i veli delle spose, mentre nelle miniature spesso sostituiva l’oro. Veniva utilizzato anche come cosmetico per tingere capelli, unghie, labbra e pelli.
Nel bacino mediterraneo la coltivazione di tale pianta ritornò in auge dopo l’invasione araba della Spagna nel 961 d.C. e il predominio marittimo dei saraceni. L’uso dello zafferano si diffuse soprattutto grazie alla presenza di una società aristocratica in grado di apprezzarne
le qualità culinarie, affiancata da una classe di schiavi in grado di sopportare le fatiche
legate alla sua coltivazione.
La Spagna fu uno dei primi paesi a capire che lo zafferano poteva essere fonte di ricchezza
e in ogni modo cercò di conservarne il monopolio della coltivazione. Addirittura era prevista
la prigione o la morte per chi tentava di esportarne i bulbi. Per fortuna il padre domenicano
Santucci, inquisitore nella Spagna di Filippo II, riuscì a trafugare la spezia che è così giunta
fino a noi grazie ad una lunga catena di coltivatori, viaggiatori e commercianti.
Lo zafferano (Crocus Sativus Linneo) è una piccola pianta di appena 12/40cm. di altezza. La
pianta, viene riprodotta per propagazione vegetativa, cioè con il trapianto dei bulbi, poiché non produce seme per la particolare disposizione degli organi di riproduzione (androceo e
gineceo) è un triploide con 2N=24 (Nathea, 1977).
Famiglia: Iridaceae
Origine: Europa Meridionale e Asia Minore
Tipo di radice: Cormo (Bulbo-Tubero)
Lo zafferano è rappresentato esclusivamente dagli stimmi essiccati del Crocus Sativus, pianta bulbosa appartenente al genere crocus della famiglia delle iridacee.
Le caratteristiche di questa spezia sono dovute principalmente a tre componenti chimiche:
– la crocina, alla quale si deve l’attività colorante gialla;
– la picrocrocina, un glucoside amaro che conferisce il sapore;
– safranale che è il responsabile dell’aroma.
I fiori dello zafferano sono di colore violetto-lillà con uno stilo, molto lungo di colore giallastro, che termina con uno stimma o stigma diviso in alto in tre parti, di colore arancione dal quale si ottiene la spezia (polvere d’oro).
I bulbi di Zafferano fioriscono verso la fine di ottobre, periodo in cui sono raccolti, rigorosamente a mano, gli stimmi fiorili.
La raccolta dei bulbi di Zafferano avviene la mattina, quando il fiore è ancora chiuso, perché
vento e luce alterano l’aroma.
Questa polvere è costituita da preziose sostanze, per il nostro organismo, in grado di contrastare l’invecchiamento (potere antiossidante), stimolare il metabolismo e favorire funzioni digestive. Inoltre, è considerato sedativo, antidepressivo, decongestionante, antispasmodico, afrodisiaco, diaforetico, emmenagogo, espettorante. In Cina e India è utilizzato nella medicina tradizionale perché dal punto di vista tossicologico è una sostanza
sicura (DL50 è 20 g/Kg).
In cucina, lo zafferano, è diffuso perché dona ai nostri piatti sapore senza aggiungere
grassi. Infatti, l’apporto calorico dello zafferano è praticamente nullo, proprietà quest’ultima che lo rende un prodotto eccellente nelle diete alimentari. Per l’utilizzo in
cucina gli stimmi o stigmi vanno polverizzati e per far questo è necessario procedere a una
essiccazione degli stessi,
Conoscere il ciclo biologico dello zafferano permette di sapere quando effettuare le varie
fasi di lavorazione: esso, nell’arco dell’anno si divide in due fasi ben distinte:
1.Fase Attiva (Vegetativa): il bulbo inizia la sua attività vegetativa ad agosto settembre,
fiorisce a fine ottobre e inizio novembre (la fioritura avviene per circa 15/20 giorni consecutivi) e continua a crescere e produrre fogliame fino ad aprile maggio. Durante la primavera i bulbi con diametro superiore a 2,0 cm, iniziano in parte a riprodursi e in parte invece, aumentano
semplicemente di diametro.
2.Fase Passiva (riposo vegetativo): da fine maggio a fine agosto, i bulbi vanno in riposo
vegetativo e non subiscono variazioni di peso e dimensione. E’ proprio in questo periodo che possono essere estratti, avendo cura di aspettare quando il terreno è bene asciutto. In Sardegna, i bulbi vengono estratti i primi di giugno, conservati in zone arieggiate al riparo dal sole e piantati nuovamente, dal 15 agosto al 15 settembre. In Abruzzo, invece, il
clima obbliga i coltivatori ad estrarli al termine delle piogge estive, a fine luglio. La messa a dimora avviene solitamente nella seconda metà del mese di agosto.
L’idea di coltivare questa specie nasce per utilizzare al meglio con colture ad alto reddito la superficie presente nel vivaio, disponendo di grande quantità di manodopera presente all’interno dell’Istituto Penitenziario.
Nel corso di questi anni di produzione abbiamo coinvolto nella fase di coltivazione e raccolta molti detenuti studenti e lavoranti del nostro vivaio. Mentre nelle fasi di sfiorata, essiccazione e confezionamento abbiamo coinvolto molte donne detenute.
Crediamo fermamente nel valore sociale, rieducativo e terapeutico che l’agricoltura in generale può svolgere anche all’interno degli Istituti Penitenziari per soggetti come i Detenuti, spesso relegati ai margini della nostra società.